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Cenni
sull'avvento del fascismo faentino
Nel 1922 si ha l'avvento
del fascismo, ma già alla fine del '20 si erano costituiti in tutta
Italia numerosi Fasci di combattimento, sull'esempio di quelli fondati
a Milano nel '19. Il primo segretario del Fascio nella nostra città,
eletto il 5-11-1921, è il dott. Volturno Utili, sostituito, il
18-02 successivo, da Piero Zama, (vedi il lavoro
su Oriani e le origini del fascismo a Faenza) che si staccherà
dal fascismo nella primavera del '24, prima del delitto Matteotti, ma
dopo che il fascismo faentino si era fatto, ormai, promotore di un periodo
violento e drammatico ad opera della cosiddetta "banda Bonnot".
Come sua prima azione politica, Zama contesta il sindaco a nome della
locale Associazione Nazionale Combattenti per aver diviso una sovvenzione
economica tra la suddetta associazione e la Lega Proletaria che, secondo
Zama, oltre che i socialisti ospitava pure dei disertori.
Intanto, con le elezioni del maggio 1921, i fascisti in Romagna ottengono
solo 11.000 voti contro i 95.000 dell'opposizione. Ciò determina
il loro passaggio all'azione violenta, che si verifica con l'aiuto delle
squadre bolognesi e ferraresi.
Alla fine del '22 il fascismo diventa partito, ma già nel luglio
di quell'anno, i gravissimi fatti di Ravenna segnano la sconfitta della
resistenza socialista nella nostra provincia e la fine del patto di pacificazione
tra fascisti e repubblicani, che salterà definitivamente in ottobre
per le continue provocazioni reciproche.
L'8-10-22, a pochi giorni dalla Marcia su Roma, un'imponente sfilata di
squadre fasciste, convenute a Faenza, "attesta visibilmente l'efficienza
raggiunta". Sarà poi inutile la protesta del vescovo Bacchi
al Presidente del Consiglio Mussolini per i fatti del 13-01-23, quando
alcuni fascisti percossero parroco e cappellano di S.Agostino, i quali
si erano opposti allo scioglimento dell'associazione "Giovani Esploratori".
Il 12-02-23, l' Amministrazione comunale rassegna le dimissioni. E' il
successo per il Fascio faentino le cui squadre devastano il Circolo Cattolico
"E.Torricelli", malmenando l'ex sindaco ed alcuni assessori.
In questo clima di violenze e provocazioni si colloca anche l'estrema
reazione dell'antifascismo faentino con l'attentato a Ghinassi e Volterra:
alle 17 dell'8-04-25, il comunista Giovanni Bertoni si fa prestare la
bici dall'amico Domenico Gallina e con questa raggiunge, in c.so Saffi,
i fascisti Giuseppe Ghinassi e Guglielmo Volterra, uccidendoli con alcuni
colpi di rivoltella. L'assassino riesce a fuggire in bici nel forlivese;
di qui si trasferisce a Milano, poi a Genova, dove si imbarca per la Russia,
da dove rientrerà solo dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Il delitto proietta immediatamente sull'altare del martirio i due giovani
fascisti e diecimila cittadini partecipano ai solenni funerali, ricchi
di illustri presenze (Alberto Alberani, Ettore Muti, Italo Balbo). Nella
ricorrenza del fatto per anni si celebreranno riti, orazioni e cortei.
Due vie cittadine saranno intitolate ai "martiri" ( ora via
Naviglio e via Fadina).
Pure al Liceo Torricelli l'avvenimento verrà commemorato da una
lapide (che, con strano "tempismo", il preside Vittorio Ragazzini
farà togliere solo l'8-09-43), (vedi il lavoro
sul liceo durante la Seconda Guerra Mondiale) a testimonianza del
fatto che la presenza fascista si fa sempre più pressante anche
nel mondo scolastico e all'interno del nostro stesso Liceo.
Immagini
ufficiali e vita reale durante il fascismo
Sfogliando i documenti dell'archivio scolastico, abbiamo trovato notizie
interessanti relative alle attività liceali durante l'epoca fascista.
A partire dagli anni '25-'26, si sentono i primi influssi significativi
dall'esterno; già nel '26, infatti, si espone la bandiera "in
segno di giubilo" per lo scampato pericolo di Mussolini , sfuggito
all'attentato di Violet Gibson (Gregorio Graziani, membro dell'amministrazione
eletta nel giugno del 1925, parlando in piazza, afferma che "i fascisti
faranno una siepe coi loro cuori, che nessuna mano assassina potrà
oltrepassare!"
Dello stesso periodo, si trovano anche circolari (aprile '26) che sollecitano
a partecipare alla manifestazione per la commemorazione dei "martiri"
fascisti Ghinassi e Volterra e l'anno seguente il liceo viene "invitato"
a comprare, per lire 3,50, il cartello che riproduce il ritratto del Duce
e la scritta:
"Non per
nulla ho prescelto per motto della mia vita Vivi pericolosamente.
E a voi dico come il vecchio combattitore: Se avanzo seguitemi,
se indietreggio uccidetemi, se muoio vendicatemi."
Inoltre, nello stesso
anno, viene messa in vendita la foto di Mussolini a quattordici anni;
la vendita è a beneficio dell'Opera Nazionale Balilla e dell'Opera
di Assistenza per le camicie nere.
Il 27-03-'28, il segretario politico ricorda al preside Socrate Topi l'obbligo
della propaganda fra la "gioventù studiosa", affinché
si iscrivi nelle organizzazioni fasciste; si richiede addirittura un abile
propagandista ("...ove non lo avesse, lo manderei io").
Appare quindi evidente che anche a Faenza il fascismo si è ormai
imposto. Il 12-02-27, Alpi è il primo podestà nominato in
città e il Regime gli è grato per aver dato "prova
di competenza e disciplina".
Il fascismo sa produrre una sua strategia anche per l'infanzia, intervenendo
sia a livello di politica demografica, che nel campo dell'igiene e della
puericultura. Ma è soprattutto nell'opera di organizzazione ed
ideologizzazione dei bambini e dei giovani che il fascismo dà il
meglio. In Italia, nell'anno X° E.F. (1932), i Balilla sono 1.082.000,
gli Avanguardisti 422.000, le Piccole Italiane 690.000 e le Giovani Italiane
99.000. Accanto a libri di testo che esaltano il Regime e la religione
cattolica, si moltiplicano i saggi e le gare ginniche e intellettuali.
La fascistizzazione delle scuole si completa in cinque anni, dal '28 al
'33. Anche in questo campo Faenza è molto vivace, tanto che le
scuole elementari cittadine partecipano alla Mostra Didattica Nazionale
in cui meritano una medaglia d'oro (settembre 1933).
In tutte le scuole si distribuisce gratuitamente La vita di Mussolini
di Giorgio Pini e si raccomanda agli insegnanti di leggere e di spiegare
in classe lunghi passaggi della biografia del Duce di Margherita Sarfatti.
Nel liceo, in una circolare del novembre 1927, viene proposto il libro
di Pini, ufficialmente adottato dal preside Topi, anche se ci si chiede:
"Lo offriamo a tutti o solo agli alunni più meritevoli?"
Questo culto di Mussolini nelle scuole prende le forme più grottesche;
basta, per averne un'idea, leggere questa preghiera che si è fatta
imparare agli alunni delle scuole italiane in Tunisia:
"Io credo
nel sommo Duce, creatore delle camicie nere e in Gesù Cristo
suo unico protettore. Il nostro salvatore fu concepito da buona maestra
e da laborioso fabbro. Fu prode soldato, ebbe nemici e discese da Roma.
Il terzo giorno ristabilì lo Stato. Salì all'alto ufficio,
siede alla destra del nostro Sovrano. Di là a da venire a giudicare
il bolscevismo. Credo nelle savie leggi, la comunione dei cittadini,
la remissione delle pene, la resurrezione dell'Italia, la forza eterna,
così sia."
Anche a Faenza, viene
diffuso fra tutti gli alunni l'inno ufficiale a Mussolini, "Giovinezza",
"tratto nelle frasi e nei concetti del Duce"; si prega che gli
studenti lo imparino, come testimonia una diramazione generale del comandante
federale Luciano Rambelli. (maggio 1939).
" Allorchè
dalla trincera suona l'ora di battaglia, sempre è prima Fiamma
Nera, che terribile si scaglia col pugnale nella mano, colla fede dentro
il cuore; e s'avanza va lontano, colla gloria ed il valor!
Giovinezza, Giovinezza, primavera di bellezza, della vita nell'ebbrezza
il tuo canto esulterà!
Dell'Orsini ho qui la bomba, col pugnale del terrore, pur se un obice
rimbomba non mi trema in petto il cuore. La mia splendida bandiera è
di un unico colore: è una fiamma tutta nera, che divampa in ogni
core.
Giovinezza, Giovinezza, primavera di bellezza, della vita nell'ebbrezza
il tuo canto esulterà!
Del pugnale al fiero lampo, della bomba il gran fragore, tutti avanti,
tutti al campo. Qui si vince oppur si muore! Non mi trema in petto il
core, sorridendo vo alla morte, della patria per l'onor!
Giovinezza, Giovinezza, primavera di bellezza, della vita nell'ebbrezza,
il tuo canto esulterà!"
Per ascoltare la musica di Giovinezza, Giovinezza: versione
1ª, altra versione.
A partire dal '28,
in coincidenza con i primi "ritocchi" alla riforma Gentile,
si fa sempre più marcata l'attenzione del Fascismo al mondo della
scuola: in una circolare del Ministero della P. I. del 1 maggio '28 si
lamenta la scarsissima presenza ad una conferenza di scolari e insegnanti;
troppo spesso le assenze per malattie di insegnanti e scolari del liceo
coincidono con le manifestazioni del Regime. Ciò contrasta con
la fede fascista testimoniata dall'epistolare ufficiale. Pochi giorni
dopo, alla commemorazione del 24 maggio, si manifesta una grande partecipazione
degli studenti accompagnati dagli insegnanti, con relativo compiacimento
del segretario del fascio espresso prontamente a Topi.
In ottobre (28-10-28), viene inviata, sempre dal Ministero, una circolare
alle scuole secondarie e alle università in cui si invita a partecipare
alle manifestazioni che celebrano la marcia su Roma. Anche da Faenza,
una rappresentanza del liceo Torricelli partecipa alla celebrazione che
si tiene a Ravenna. Sappiamo, da alcuni documenti ufficiali, che, effettivamente,
una parte degli studenti partecipò e che ci furono discorsi celebrativi
del Preside in tutte le classi, per la celebrazione dell'anniversario.
Queste manifestazioni si svolsero anche negli anni seguenti e nell'ottobre
del '31, il deputato Scorza, dopo le celebrazioni della marcia, invia
un avviso in cui ricorda a tutti che un solo nome è da gridare
durante le manifestazioni: quello del Duce e non di altri gerarchi, non
si devono cantare inni che non siano fascisti e si devono cantare soltanto
per Lui.
Il fenomeno delle giornate celebrative va incrementandosi sempre più
con gli anni, per esaltare ora la produttività nazionale, ora le
iniziative del partito, ora le manifestazioni sportive e militari, che
allenino la stirpe agli impegni bellici. Tra le altre celebrazioni, come
la "Giornata del pane", o quella "del fiore", o "La
sporta di Pasqua" (manifestazione tipica faentina), o la "Giornata
della madre e del fanciullo", una delle più propagandistiche
è la "Befana fascista". Sappiamo, da una circolare del
gennaio 1936, che in quell'anno Socrate Topi partecipa a tale manifestazione,
come rappresentante del corpo docenti della scuola Evangelista Torricelli.
Nel 1936 si tengono le celebrazioni per il bimillenario di Augusto e il
preside Topi entra a far parte del comitato di gestione, che ha la funzione
di relazionare sui risultati. Si trovano circolari del marzo '36 che testimoniano
dei preparativi per celebrare le "Augustee" su pressante invito
delle autorità fasciste: "Arte e cultura in quest'anno si
affermeranno anche con assillo di passione maggiore, ché al pubblico
sarà riedificata, in ogni linea di architettura spirituale, l'epoca
di Augusto, nella quale si assomma la più schietta romanità
palpitante".
In questa occasione, nel nuovo Auditorium creato per volere di Socrate
Topi, si tengono diversi incontri: concerti musicali, cinematografia scientifica
e geografica. In relazione a queste manifestazioni, nelle circolari si
legge: "L'Italia imperiale e fascista ha il dovere di tributare all'epoca
Augustea il suo schietto spirito di romanità risorto."
Circolare
riguardante la commemorazione della marcia su Roma
La celebrazione delle
"Augustee" riflette il tema della Roma imperiale, l'argomento
preferito da Mussolini quando si trattava di ricavare lezioni morali e
additare esempi eroici. Il duce annunciò, per esempio, che Cesare
era l'uomo più grande che fosse mai vissuto e definì, con
ingenuità, il Giulio Cesare di Shakespeare come la scuola migliore
per gli uomini di stato. Il simbolo fascista era stato preso dai littori
dell'antica Roma ed erano stati ripresi anche termini come console, coorte
e centurione.
Fu il momento dell'archeologia: "Il fascismo"- proclamò
il quadrunviro De Vecchi -"ha risolto i problemi dell'archeologia
e dell'arte, grazie alla mente e alla volontà del Duce." Nel
'24 avevano avuto inizio gli scavi nel Foro romano; una monumentale via
dell'Impero venne aperta, simile ad una ferita, nel cuore stesso di Roma,
e si parlò persino di costruire un'altra via imperiale che congiungesse
il Pantheon con la Colonna antonina. Mussolini istituì pure una
cerimonia nel corso della quale cittadini e patrioti bruciavano, come
offerta votiva, i loro certificati del debito pubblico, su un antico altare
dedicato a Minerva, tratto fuori dal museo per l'occasione. I grandi nomi
delle età trascorse vennero indicati come precursori ed esempi.
All'esterno della basilica di Massenzio, grandi carte geografiche in marmo
testimoniavano la grandezza dell'impero romano con il sottinteso che,
quel che Roma aveva fatto una volta, avrebbe potuto farlo ancora.
In linea con la politica "imperiale" di Mussolini, vennero inviate
disposizioni per la sostituzione delle carte geografiche anche al liceo
Torricelli (aprile '27), in cui si raccomandava di apporre le giuste modifiche
che celebrassero il regime.

Socrate Topi, preside dal 1926 al 1939
Il controllo dell'insegnamento,
che fa parte del progetto di fascistizzazione, è rivelato dalle
disposizioni del novembre '34 per l'esclusione dalle biblioteche scolastiche
dei libri sgraditi al regime. Il preside Topi si affretta a confermare
che: "Nessun libro della biblioteca studenti di questa scuola contrasta
con tutto quanto costituisce il patrimonio spirituale fascista".
Il regime influenza anche il tipo di linguaggio. Infatti, si specifica
che non si dice "governo", ma "governo fascista",
non "divisa", ma "divisa fascista". Inoltre viene
imposta l'abolizione del "lei", sostituito dal "voi",
e della stretta di mano, sostituita dal saluto a braccio teso.
A metà degli anni trenta, nel maggio del 1936, una circolare giunta
dal Ministero degli Interni richiede al Preside se il personale docente
è iscritto o meno al Partito Nazionale Fascista. Topi risponde
che solamente in tre sono già iscritti: lui, sua moglie e il prof.
Masetti. Ma in assenza della tessera del P.N.F., è il Preside stesso
a fornire ampie assicurazioni sul corpo docente. Di un'insegnante infatti
dice che non è iscritto al partito, ma " il fascismo è
in lui vivo palpito".
Tre anni dopo, nel 1939, Topi riferisce che tutto il personale è
iscritto o ha fatto domanda di iscrizione: "la totalitarietà
degli alunni è inscritta alla sezione Balilla , Avanguardisti ,
Milizia Volontaria Fascista e Giovani Fascisti". Ciò a testimonianza
di come il controllo sulla condotta politica degli insegnanti e degli
studenti, col tempo, si vada facendo più stretto.
Leggendo queste circolari colpisce il tono spesso intimidatorio e brusco
con cui i gerarchi locali si rivolgono al Preside e risulta evidente l'intenzione
di mitizzare la figura del capo, il nuovo Cesare, che si accompagnata
ad un'abile e martellante propaganda dei meriti del regime. Ogni pochi
chilometri, del resto, anche il viaggiatore che percorreva le strade italiane
poteva leggere, dipinte a grandissimi caratteri sulle pareti esterne delle
case, quelle frasi concise e pregnanti che ogni scolaro doveva imparare
a memoria: "Meglio vivere un giorno da leone che cento anni da pecora";
"Chi ha piombo ha pane"; "E' l'aratro che traccia il solco,
è la spada che lo difende"; "Nella storia nulla si ottiene
senza spargimenti di sangue"; "Una fede ha creato l'Impero,
questa: Mussolini ha sempre ragione!"; "Vincere! E vinceremo".
Il vero fascista, affermava un decreto concernente la Milizia, doveva
essere sempre pervaso da un profondo "misticismo". Funzionari
di partito andavano in giro a tener lezioni a gruppi di professori, ammonendoli
a non tentare neppure di mettere la propria capacità raziocinante
allo stesso livello di quella del duce, in quanto, fra quest'ultimo e
loro, c'era un abisso "semplicemente astronomico". Episodi di
questo genere non sono però attestati nell'ambito del Liceo classico
Evangelista Torricelli.
Rimangono invece documenti riguardanti i Ludi Iuveniles della cultura,
che, dopo le prime selezioni locali, vedevano alcuni studenti faentini
partecipare alla prova provinciale di Ravenna. Le prove consistevano nello
svolgimento di temi, i cui titoli ricalcavano chiaramente lo stile fascista:
per i giovani fascisti:
"Il secolo scorso è stato il secolo della nostra indipendenza.
Il secolo attuale deve essere il secolo della nostra potenza. Potenza
in tutti i campi, da quello della materia a quello dello spirito".
per le giovani fasciste:
"Le donne italiane aspettano gli eventi con la tranquilla fermezza
di chi appartiene a un popolo che ha per se l'avvenire".
Una parte fondamentale
dell'educazione fascista era rappresentata, oltre ed ancor più
che dalla scuola, dall'inquadramento e dall'addestramento dei giovani
in unità paramilitari. All'età di quattro anni, un bambino
diventava "Figlio della lupa" e indossava la sua prima camicia
nera; a otto anni, se maschio, diventava "Balilla", se femmina,
"Piccola italiana"; a quattordici "Avanguardista",
o "Giovane italiana"; mentre dopo i 18 anni, i soli maschi entravano
nei "Fasci giovanili di combattimento", e se frequentavano l'università,
nei "Gruppi universitari fascisti" (Guf).
I maschi venivano prevalentemente educati alla disciplina militare, tanto
che furono fabbricati speciali moschetti giocattolo per gli esercizi dei
più piccoli, mentre per le femmine si organizzavano corsi di economia
domestica, in linea con l'immagine tradizionale, ma "fascista",
della donna moglie e madre. A tutti veniva insegnata l'ideologia del regime
perché la diffondessero nelle loro famiglie. Milioni di bambini
e bambine, ragazzi e ragazze italiani passarono attraverso questo pernicioso
processo d'indottrinamento, anche se non vi è dubbio, che esso
fosse spesso applicato e/o assorbito in maniera disordinata e superficiale.
La superficialità e l'ossequiosità solo di facciata verso
l'ideologia e l'istituzione fascista risulta anche, nel caso del liceo
Torricelli, dalle interviste fatte ad alcuni allievi di quegli anni, dalle
quali si evidenzia un'importante differenza tra la vita ufficiale, testimoniata
da circolari e registri, e quella quotidiana vissuta da insegnanti e studenti.
Da queste interviste, infatti, emerge un distacco sostanziale sia del
corpo docente, sia degli allievi dal regime ed il fatto che i rapporti
con esso consistessero di un ossequio puramente formale, fatto di soli
atteggiamenti di circostanza. Il giudice Giuseppe Toni, diplomatosi nel
1934, ha affermato che "l'impronta che veniva data all'insegnamento
non era assolutamente fascista" e che "nell'ambito della scuola
gli studenti non hanno mai avvertito pressioni fasciste". La maggior
parte degli insegnanti si era, infatti, formata in un ambiente liberal-democratico:
Evangelista Valli, docente di filosofia, era un crociano e logicamente
"non poteva far buon viso alle idee nuove che si affacciavano e le
criticava durante le lezioni. Come lui anche Masetti di greco". E
se pensiamo che questi era l'unico insegnante, oltre a Topi e la moglie,
ad essere iscritto, nel '34, al P.N.F., appare ancor più manifesto
il carattere quasi esclusivamente retorico, dell'assenso al regime. Il
prof. Masetti commemorò anche la marcia su Roma davanti agli alunni,
ma ciò, sostiene Toni, solo perché "quello che era
rispetto formale, come l'obbligo di avere la tessera del Fascio, era inevitabile".
Ora sappiamo che, neanche la tessera fu "richiesta" all'interno
del Torricelli, per un lungo tempo. Il preside Topi, infatti, "non
era fascista, ma aveva bisogno di mantenere rapporti con le autorità.
L'unico tiepido sostenitore era Righi un mutilato di guerra, più
sensibile ai valori nazionali...". Ed è così che, nonostante
lo scarso entusiasmo ideologico dominante al suo interno, agli appuntamenti
esterni, il Liceo era presente, e come ricorda Toni, "c'erano manifestazioni
ginnico-sportive, con evidente carattere di esaltazione nazionalistica;
si andava in P.zza d'Armi, tutti rigorosamente in divisa."
Anche il sig. Lorenzo Savelli, allievo diplomatosi nel '40 e che ha quindi
frequentato il Liceo in un periodo di maggiore e più puntuale controllo
del fascismo sulla scuola , ribadisce che "i docenti avevano una
prudenza a esporre idee antifasciste, ma non facevano nemmeno apologia
del fascismo, perché erano tutti insegnanti che si erano formati
in ambiente liberal - democratico. Solo Evangelista Valli, antifascista
e anticlericale, tra le righe, criticava la dottrina fascista". E
non solo tra le righe, ma certamente, anche se in modo forse indiretto,
con il suo insegnamento, se è vero, come ricorda Toni, che la lettura
di Locke, padre della teoria liberale dello Stato, era un punto importante
del suo programma, tanto da farne leggere un'intera opera agli allievi
(seppur il giudice non ricordi più quale, né se fosse politica
o gnoseologica). Savelli ha poi affermato che pure la "Cultura militare",
introdotta dal regime come materia d'insegnamento sul finire del ventennio,
"era presa molto sotto gamba e venne tenuta solo tre o quattro volte,
in maniera superficiale", né ricorda di aver mai, personalmente,
udito il preside Topi tenere discorsi in onore di Mussolini e del fascio,
né mai, a suo dire, si avvertì il timore di non mostrare
attaccamento al regime.
C'erano diversi ragazzi con idee politiche diverse da quelle imposte,
che avevano comunque un buon rapporto di dialogo e discussione con altri
compagni più vicini al regime. Ma ciò, è importante
ribadirlo, non significa che il Liceo fosse un covo di antifascisti e
che al suo interno, si discutesse animatamente di politica. In particolare
tra gli studenti, questo tipo di discussioni non aveva luogo, "anche
perché - come ha ricordato Toni - non ci sarebbe stato il tempo
materiale; l'intervallo era di soli dieci minuti e alla fine delle lezioni
si andava in piazza a corteggiare le ragazze...".
In conclusione, possiamo dire che nel nostro Liceo si respirava l'aria
di una cultura sostanzialmente liberale più che fascista, di ossequio
nei confronti del regime ma limitato alla sola formalità: una situazione,
comunque, molto diversa da quella che ci viene offerta dai documenti ufficiali
contenuti all'interno del suo archivio.
Fonti:
Archivio del Liceo-Ginnasio "E. Torricelli"
AA.VV. "Politica e società a Faenza tra '800 e '900 Saggi
e testimonianze dall'antifascismo alla Resistenza" a cura di A. Montevecchi,
B. Nediani, M.G. Tavoni, Imola, 1977
"Il Liceo Torricelli nel primo centenario della sua fondazione"
a cura di G. Bertoni, Faenza, 1961
D. Mack Smith, "Storia d'Italia dal 1861 al 1997", Laterza,
Bari 1999
V. Casadio Strozzi, "Faenza 1900-1945. Mezzo secolo di fotostoria
locale", coop. cult. "La loggia", Faenza,1989
Testimonianze di:
Giuseppe Toni, Lorenzo Savelli, e Federico Zanotti tutti studenti del
Liceo negli anni del fascismo
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