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Giuliano Todeschini
Intervista del 09/03/2001
e 10/05/2001
(sintesi)
Alunni: Bettoli Matteo, Monti
Gianluca, Peroni Michele
Coordinamento: prof. Maria Rosa Tozzi
Il sig. Giuliano Todeschini
ci ospita nella sua casa in via Diavoletto a Faenza in cui custodisce
le numerose testimonianze della sua attività artistica.
In una stanza si trova una vasta raccolta di dischi d'epoca, i vecchi
78 giri in dotazione alle truppe americane (i V-Disc,
dove V sta per "Victory") attraverso cui la musica americana,
il jazz e lo swing entrarono in Italia diffondendosi presso un pubblico
più vasto e cessò il periodo di "autarchia musicale"
che aveva caratterizzato gli ultimi anni '30 e i primi anni della guerra
in Italia. Da noi infatti andava per la maggiore il genere melodico all'italiana.
D. Come è nata la sua
passione per la musica americana?
R. E' nata senz'altro all'interno del mio ambiente familiare, perché
già a 5 anni ho ascoltato il primo disco di jazz, intitolato "Il
vero charleston", che era stato acquistato da mio nonno. Quando io
e mio fratello andavamo in vacanza al mare, abbiamo conosciuto Renato
Germonio, grande suonatore di tromba e fisarmonica che poi si è
esibito a Bologna in concerto con Bertolazzi e Sangiorgi (circa nel 1935).
Io e mio fratello siamo stati a scuola di musica: lui per pianoforte e
fisarmonica, io per pianoforte, ma, visto che tendevo ad improvvisare
e a suonare ad orecchio senza imparare gli elementi fondamentali, la maestra
disse che non ero portato per la musica e quindi ho sempre suonato da
autodidatta.
Quando avevo diciotto anni il parroco di Sant'Ippolito, don Belli, acquistò
alcuni strumenti musicali per i giovani del circolo parrocchiale, così
costituimmo il primo complesso: "I Vecchi Dromedari". Suonavamo
all'interno delle sale parrocchiali.
Mi procuravo i dischi di musica americana servendomi di un rivenditore
di Bologna che faceva arrivare la merce illegalmente dalla Svizzera; una
sera tornando a casa sono passato in corso Mazzini, dove allora si trovava
la sede della milizia fascista, e portavo con me alcuni di questi dischi.
La notizia che io avevo in casa dischi americani era giunta ai fascisti,
i quali mi tesero un agguato, picchiandomi e distruggendo i miei dischi,
fra i quali si trovava anche "Stardust" di Carmichael, un disco
originale che non sono più riuscito a trovare.
D. Come e quando ha suonato
il jazz a Faenza durante la guerra?
R. Quando è cominciata la guerra, la pubblica sicurezza proibiva
di svolgere feste da ballo o intrattenimenti per cui eravamo richiesti
solo in case private. Nel '44 , per non essere arruolato nell'esercito
della Repubblica di Salò, vivevo nascosto a Borgo Tuliero, dove
la mia famiglia si era rifugiata. Con l'arrivo degli alleati a Faenza,
il 25 novembre 1944, e il passaggio del fronte, ho ritrovato i vecchi
colleghi del complesso e abbiamo suonato per le forze armate che si erano
dislocate qui a Faenza. Seguivamo questi orari:
Tarda mattinata /mezzogiorno Albergo Corona (ora Piazza del Mercato) dove
erano alloggiati gli ufficiali della divisione indiana
Pomeriggio Caffè
Caroli (ora loggiato di Corso Mazzini) dove era alloggiato il comando
partigiano
Sera Consiglio Comunale (ora Piazza del popolo) dove si trovava il SAFMI
(Servizio Ausiliario Femminile Militari Italiani)
Abbiamo suonato anche al di fuori del territorio faentino, anche se il
coprifuoco proibiva di andare ad oltre 10 chilometri di distanza dal proprio
comune di residenza. Fummo ingaggiati per un concerto alla Cantina Sociale
di Forlì. Entrammo nella sala in cui campeggiavano i ritratti di
Marx, Lenin e Stalin e iniziammo a suonare i nostri pezzi di jazz, fox
e slow, alternandoli con l'Inno dell'Internazionale e Bandiera Rossa.
Ma siccome il pubblico voleva le canzoni melodiche all'italiana, ci congedarono
dicendo: "Gli inni dei lavoratori li suonate bene, ma qui non vi
inviteremo più!".
Un'altra volta per andare a Premilcuore i militari ci vennero a prendere
a Faenza, ma, una volta arrivati, sotto la minaccia delle armi, ci imposero
di suonare gratis, pena l'arresto.
D. Ha continuato l'attività
musicale dopo la guerra?
R. Il jazz è un genere che in Italia non è mai stato apprezzato
dal pubblico più vasto, che è rimasto legato alla tradizione
melodica, ma da un'élite ristretta di intenditori; ho continuato
a suonare anche dopo il 1945 per gli amanti di questo genere, ma alcuni
miei tentativi di svolgere concerti di jazz qui in piazza a Faenza non
hanno avuto riscontro di pubblico.
D. Quali sono, secondo lei,
i motivi di queste preferenze del pubblico italiano in fatto di gusti
musicali?
R. Senz'altro dipendono anche dal contesto in cui è sorto il jazz.
Il jazz nasce intorno al 1910 dalla tradizione degli spiritual cantati
nelle piantagioni di cotone; dal dixieland suonato dalle bande musicali,
dal rag-time e si sviluppa a Chicago (con musicisti bianchi) e a New Orleans
con musicisti di colore. In entrambi i casi la musica jazz é sempre
stata abbinata ad ambienti sociali e a quartieri malfamati: il quartiere
a luci rosse di New Orleans, la guerra fra bande di gangster a Chicago.
Alle origini il jazz fu suonato in ambienti degradati e per un pubblico
di non intenditori. Si dice che fosse apprezzato da Al Capone, ad esempio,
e il celebre Cotton Club frequentato da elementi della malavita, fu la
culla di questo genere, che non era suonato negli ambienti della musica
colta. Negli Stati Uniti, fu Benny Goodman con il suo quartetto a svolgere
il primo concerto alla Carnegie Hall di New York, il tempio della musica
leggera americana, molto tempo dopo che il jazz era sorto. I maggiori
Jazzisti americani si esibivano maggiormente in Europa, specie in Francia;
in Italia fu un grande collezionista ed esperto di jazz di Torino ad invitare
per la prima volta Louis Armstrong nel 1938.
D. Quali sono i suoi musicisti
preferiti, quelli che hanno maggiormente orientato le sue preferenze musicali?
R. Mentre la canzoni tradizionali erano strutturate su 32 battute, il
blues e il jazz hanno solo da 8 a 12 battute per semplificare il fraseggio
musicale e facilitare l'improvvisazione. I più grandi musicisti
sono per me Benny Carter (sassofonista bianco di Chicago), Bix Beiderbecke
(a cui il regista Pupi Avati ha dedicato il suo film Bix, che contiene
però numerosi errori cronologici) e ovviamente Louis Armstrong.
D. Può riassumere gli
altri aspetti della sua attività artistica?
R. Ho recitato in alcuni film italiani, e precisamente:
La Cina è vicina di Marco Bellocchio (nel ruolo del metronotte)
Corbari di Valentino Orsini
La ragazza di latta di Marcello Aliprandi
Amore e ginnastica di Luigi Filippo D'Amico
Il presidente del Borgorosso Football Club di Luigi Filippo d'Amico.
e ho partecipato allo sceneggiato televisivo dedicato al Passatore.
Ho recitato in dialetto faentino nella compagnia "Teatro popolare
romagnolo" del Dopolavoro ferroviario di Faenza diretta da Primo
Solaroli, con il quale abbiamo recitato a Palermo, a Reggio Emilia, ottenendo
premi e riconoscimenti a livello nazionale (pieces più celebri:
"La borda"; "La cumegia"; "La broja").
Mi dedico a ricerche di storia locale sulla Faenza scomparsa e sui suoi
personaggi più popolari e sui filmati di vecchi avvenimenti sportivi
(Giro d'Italia, Mille Miglia, etc
)Mentre Giuliano Todeschini racconta,
ascoltiamo con lui vecchi brani tratti dai cd intitolati "Big Band",
"Digressions", "Jazz classico", etc
e ci diamo
appuntamento per un'altra volta, in cui potremo visionare le vecchie fotografie
e le testimonianze in suo possesso.
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