IL RAPPORTO UOMO-NATURA
NEL CAMPO ARCHITETTONICO-INGEGNERISTICO

 

Negli ultimi anni si è assistito ad un profondo ripensamento critico operato dalla comunità scientifica, che sta rimodellando principi, processi e metodi di interpretazione e progettazione degli elementi antropici. In particolare si cerca di studiare una visione ecosistemica della realtà che permetta di trasferire il complesso di regole che caratterizzano la vita dei sistemi naturali in chiave prestazionale nelle architetture artificiali umane. È stato finalmente constatato e acquisito che tanto la Natura e il paesaggio naturale, quanto l’Architettura e l’ambiente urbano e artificiale non possono essere i contenitori di qualsiasi intervento di trasformazione.

Si è fatto molto in questi ultimi anni sul piano teorico-logico, ma molto c’è ancora da fare su quello delle implicazioni metodologiche e dei risvolti sperimentali, sia in relazione al generale ripensamento dell’approccio progettuale, sia in rapporto alla riconsiderazione del ruolo dei sistemi tecnologici e costruttivi.

In effetti la vera sfida oggi non è più solo quella di far accettare il principio che non è più sostenibile consumare territorio e risorse attraverso la produzione edilizia, ma di riuscire concretamente a produrre qualità bioclimatica ed efficienza energetica attraverso architettura ambientalmente consapevole. Intervenire non solo per proteggere e tutelare (che rischia spesso di creare situazioni di immobilismo), ma per attribuire valore aggiunto tramite interventi capaci di trarre valore dagli insegnamenti della natura.

In questo scenario i nuovi concetti di paesaggio attivo e di Natura come Baumeister assumono come mezzo per la propria trasformazione il progetto ecosistemico, non più sostenuto da pretese etiche trascendentali, ma protagonista nel riconoscere i ritmi e le dinamiche dell’ambiente naturale e degli organismi biologici in esso presenti.

L’obiettivo di fondo è quello di procedere, attraverso un succedersi di azioni volontarie coordinate alla conversione di un modo di progettare, che inverta decisamente il trend della produzione di architettura distruttiva dal punto di vista ambientale e inefficiente dal punto di vista energetico, e tale da rendere preminente, nella percezione della realtà urbana e nella sua programmazione pianificata, la strategia della reintegrazione edificio-natura.

In questo senso le componenti immateriali come vento, luce e calore solare, i materiali naturali, gli elementi terra e acqua, diventano architettura performante, incorporano nell’edilizia i principi della bioclimatica passiva, mediano le relazioni tra spazi edificati e spazi esterni e dirigono le future trasformazioni ecocompatibili del tessuto urbano.

Il complesso materiale ed immateriale naturale è un sistema di ordine superiore che non ha una forma ma un succedersi di forme, che non ha una tecnologia ma un sistema sinergico di tecnologie, e che non propone una cultura univoca, perché si apre alla narrazione di tutte le espressioni vitali. Le morfologie che può dispiegare descrivono una gamma amplissima di possibili strutture architettoniche fondate su comportamenti bioecologici e bioclimatici, e non per questo inadeguate a livello funzionale. Tutto questo può essere solo il risultato di un lungo processo e deve essere assunto come modello tendenziale al quale commisurare tipi e contenuti degli interventi.

 

 

 

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