Ricerca
Viviamo in un periodo in cui la scienza progredisce molto rapidamente e discipline diverse sempre più spesso vanno via via fondendosi. Questo approccio combinato a più discipline raggiunge il suo apice nelle scienze dei materiali polimerici in quanto varie discipline, dalla biochimica, all’ingegneria, alle scienze naturali permettono ricerche un tempo impensabili. Quotidianamente siamo circondati da miriadi di materiali polimerici diversi e per ciascuno di questi si è avuto uno sviluppo e una crescita protratta negli anni. I polimeri intelligenti e autoriparanti, smart materials, sono quelli in cui le proprietà chiave si modificano in modo controllato in risposta a uno stimolo esterno: potremmo dire che sono materiali “stimolo-rispondenti” capaci anche di rilasciare in modo controllato componenti specifici se stimolati in modo opportuno.
Ingegneri chimici e ricercatori hanno scelto un punto comune come ispirazione per i loro lavori. Tutti prendono spunto dall’osservazione e dallo studio dei processi biologici di riparazione tissutale, compiuto su piante e animali.
La ricerca su questi nuovi polimeri parte nel 1990 nell’ Ohio State University (Drj and Li-2) con la formulazione del catalizzatore di Grubbs, un complesso di rutenio IV e i primi materiali autoriparanti rispondevano ad uno stimolo meccanico che permetteva il rilascio del monomero e l’attivazione del catalizzatore polimerizzante. Nei due decenni successivi si sono sviluppate nuove strategie di attivazione per cui oggi non c’è più solo attivazione meccanica ma la risposta autoriparante può provenire da stimoli termici, elettrici e elettromagnetici ampliandone così indefinitivamente i campi di utilizzo.
Il primo sistema sperimentato, che è quello più studiato, mima la bioriparazione dei tessuti ossei e risale al 2001 ( White-3 ) che per primo presentò un polimero autoriparante composito, in cui il catalizzatore di Grubbs veniva disperso nella matrice polimerica mentre il monomero liquido, il DCP (diciclopentadiene), è incapsulato in microsfere incorporate nella struttura del polimero. Quando lo stimolo meccanico genera le prime crepe, queste propagandosi , rompono le microcapsule che rilasciano il liquido rigenerante. La polimerizzazione ha luogo all’interno del materiale per contatto tra il catalizzatore e il monomero.

La ricerca si è dapprima concentrata sulla formulazione più idonea del catalizzatore, perché la prima generazione di catalizzatori erano sensibili all’aria e all’umidità, disattivandosi rapidamente. Ci sono ormai tre generazioni di catalizzatori che, pur basandosi tutti sul Ruthenio (IV) vengono costituiti con diversi ligandi e incapsulati a loro volta, non più dispersi nella matrice polimerica.

Negli anni successivi al lavoro di White nuove ricerche hanno tentato di mimare le reti di vascolarizzazione animale e vegetale, che rispondono ad un segnale di tipo elettrico rilasciando nell’organismo gli agenti riparatori. Il nostro sistema circolatorio percepisce il danno e inizia la riparazione coagulando il sangue solo dove necessario e parimenti si è osservato che alcune piante sono dotate di canali che contengono lattice o resine utilizzate nei meccanismi di difesa. Dopo rottura le secrezioni escono dai canali ben fluide e solo fuori dal canale si rendono appiccicose. Studiando i vari sistemi vascolari gli studiosi hanno pensato a materiali che possano assolvere alla stessa funzione. Così nel 2006 nell’università dell’Illinois-4 si è formulato un sistema autorigenerante che mima il sistema di vascolarizzazione umana, in cui c’è un numero limitato di grosse arterie e un elevato numero di piccole vene e capillari. Si è pensato quindi di costituire microcanali che permettano la propagazione dell’agente ripararnte ovunque si propaghino le crepe. Così dopo aver incorporato il monomero in una rete microvascolarizzata nel 2007-5 nasce un nuovo tipo di polimero autorigenerante che combina il DCP e il catalizzatore di Grubbs ad un substrato epossidico posto al di sopra di una rete microvascolarizzata che permette il flusso del monomero. Negli ultimi anni si sta cercando di mettere a punto un sistema che risponda ad uno stimolo termico (come la penetrazione di una pallottola o di un corpo estraneo) innescando o una reazione di riparazione attraverso una semplice Dies Alder oppure calibrando la fluidificazione localizzata dell’agente riparante che viene rilasciato e torna a solidificare a stimolo termico cessato.
La miglior notizia a proposito dei materiali che si auto riparano arriva dalla Francia dove, nemmeno un anno fa i ricercatori dell'Industrial Physics and Chemistry Higher Educational Institution di Parigi hanno inventato un materiale elastico che è in grado di riunirsi anche quando viene tagliato in due.
L'errore può essere causato dalle seguenti ragioni:
- Microsoft Internet Explorer blocca il contenuto flash sulla pagina.
Clicca sull'Avviso nella parte superiore del browser e seleziona l'opzione Permettere Contenuto Bloccato... per aprire la pagina. - E necessario installare ed aggiornare il tuo Flash Player.
Per favore visita il sito Adobe per scaricare ed installare l'ultima versione di Flash Player indispensabile per visualizzare il contenuto di questa pagina.
1-Progress in polymer science – The world of smart healable material – Erin Murphy – 2010
2-Drj C, Procedures developed for self-rapair of polimer matrix composited material. Composite stuct, 1996
3-S.R.White et al., Autonomic healing of polymer composites, Nature 409, 794(2001)
4-Kim S, Lorente, Bejan: Vascularized materials – J. Appl. Phys – 2006
5-Toohej, Sottos, Lewis, Moore: Self healing materials whit microvascular network – Nat. Mater – 2007