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PROGETTO DI TORRE BIONICA, Hong Kong,
J. Pioz, E. Celaya, M.R. Cervera Il progetto di grattacielo bionico da realizzare a Hong Kong, concepito dal gruppo Pioz-Celaya-Cervera nel 2002, per certi versi definito da alcuni "visionario", da altri "espressione di una sorta di new-utopianism contemporaneo", concretizza la visione di un modo di abitare che arriva a concepire la città come un insieme costante e continuo dì flussi, come quelli che avvengono nella dimensione micro e macro dei fusti degli alberi, tanto da prefigurare l'addensamento di un'intera città in una sorta di gigantesca torre-albero, formata da tre corone di novantadue colonne-contenitori che riuniscono al loro interno i vari sistemi tecnologici resistenti e conduttivi con flussi prevalentemente verticali, ed incapsulata in una superperformante corteccia-pelle traspirante formata da una struttura a nido d'ape costituita da elementi lineari micro strutturali in alluminio. Il sistema è volutamente simile alla tipologia accrescitiva utilizzata dagli alberi (vasi conduttori-impiantistica; corteccia-involucro filtro) ed il complesso è organizzato in quartieri separati da aree vuote che hanno funzione isolante, come accade nelle zone di sottobosco ricche di piante ai piedi degli alberi che assicurano la loro protezione.
Gli architetti si sono ispirati alla struttura interna delle piante. La tecnica edilizia vegetale si basa sulla crescita per porosità: a maggior altezza corrisponde maggiore proporzione di vuoto interno tra le sue strutture, le «vene». In ognuna delle quali ci sono migliaia di finissime membrane: pilastri efficacissimi per resistere al peso dell'albero, alla trazione e distorsione esercitate dal vento, alla dilatazione e compressione prodotte dai cambiamenti di temperatura. Applicando il concetto di porosità la Torre bionica sarebbe capace di superare i 500 metri. Non si usano giganteschi piloni e travi, come nei grattacieli, ma migliaia di piccole travi, inserite le une nelle altre come in una bambola russa. La struttura è una cementazione microstrutturata con materiali speciali, membranosa, flessibile.
I
costi sembrano all’apparenza proibitivi. Ma, a differenza di un
grattacielo, che prima si costruisce e poi si abita, la Torre bionica si
potrebbe costruire a pezzi. Per innalzare ogni quartiere occorrerebbero
due anni. Così i finanziatori potrebbero ammortizzare rapidamente i
costi, visto che si può vendere per quartieri.
- 1.228 metri (se la Torre fosse più alta, il movimento del maxi grattacielo sarebbe percettibile) - 300 piani in 12 livelli - 100 mila abitanti - 2 milioni di metri quadrati - 15 anni per innalzarla - La pianta della Torre è ellittica. I raggi, nel piano maggiore, sono di 166 x 133 metri - 50% hotel - 25% uffici e abitazioni - 25% infrastrutture di servizio
DRAGONFLY, New York, Stati Uniti,
Vincent Callebaut Il progetto aprirebbe una svolta epocale rispetto all'impostazione d'inizio secolo. Secondo il designer che l’ha ipotizzato e progettato dovrebbe trattarsi di un grattacielo a ali di farfalla che vive, letteralmente. Dal 2005, l'architetto belga milita a favore dello sviluppo di una nuova Ecopolis, tramite strategie che sono una sorta di mescolanza tra architettura, biologia, informazione e tecniche di comunicazione. Abitazioni-giardino capaci di ricondurre il paesaggio in città; strumento di un'agricoltura urbana collettiva in grado di contribuire alla durabilità della città e di un modo nuovo di produrre gli alimenti. Il consumatore al contempo produttore e abitante dell'ambiente giardino. L'architettura deve, per Vincent Callebaut, porsi al servizio di questa nuova agricoltura e della progettazione di questo nuovo desiderio sociale nel contesto di una mutazione ecologica e di autonomia della produzione alimentare. Il progetto Dragonfly propone quindi la costruzione di un prototipo di fattorie agricole urbane che ruotino intorno a un programma misto di abitazioni, uffici e laboratori d'ingegneria ecologica. Spazi in verticale, dislocati su diversi piani e coltivati in parte dai propri abitanti. Quella di Callebaut è una fattoria verticale che ricorre a tutte le istanze di sostenibilità tipiche dell'agricoltura biologica e che, sulla base della produzione intensiva, varia le coltivazioni secondo il ritmo delle stagioni. Un'agricoltura, inoltre, favorevole al riutilizzo dei rifiuti biodegradabili e al risparmio energetico tramite l'impiego delle risorse rinnovabili per una pianificazione ecosistemica. A tal fine, il progetto Dragonfly si colloca lungo l'East River e la riva sud della Rooselvelt Island di New York - tra l'isola di Manhattan e il distretto "Queen".
Architettonicamente, l'organizzazione funzionale è rappresentata da due torri oblunghe simmetricamente disposte in coppia attorno a una grande serra climatica che li lega e si sviluppa tra due ali cristalline. Queste ali molto leggere in vetro e acciaio riprendono i carichi della costruzione e sono direttamente ispirate dalla struttura delle ali di libellula provenienti dalla famiglia degli "Odonata Anisoptera", la cui membrana trasparente è innervata molto finemente. Due anelli abitati sostengono il nucleo abitato intorno a queste ali. L'insieme forma un'architettura a nido d'api a doppia maglia che sfrutta l'energia solare passiva al suo massimo livello, con l'accumulo di aria calda in inverno, e l'atmosfera da raffreddamento con ventilazione naturale ed evaporazione-traspirazione delle piante in estate.
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