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La Natura ha sviluppato, con l’aiuto della trasparenza, della permeabilità e della selezione filtrata dei raggi solari, raffinate strategie nell’interazione della sua architettura con l’illuminazione naturale. Se si osservano le lumache presenti nelle più diverse condizioni geografico-climatiche della si rileva che tutte portano la loro tipica “casa” sul dorso. Scrive Helmut Tributsch: «In realtà ho sempre pensato che doveva esserci una qualche differenza tra una lumaca che vive in un clima mite di un bassopiano ed una in alta montagna con un clima freddo. Ho tentato così di indagare sulle caratteristiche delle case delle lumache che vivono in condizioni “estreme”: ad esempio nel regno dei ghiacci. La sorpresa è stata grande nel verificare che lumache che vivono a quote superiori ai 3000 metri di altezza (fam. Vitrinidae) possiedono una casa di vetro. è evidente che la Natura ha permesso a questi animali di scoprire il ben noto principio della serra». In effetti la loro sopravvivenza dipende dal rimanere sempre in attività (seppur notoriamente lenta), e, siccome questa loro attività dipende dalla temperatura corporea, l’impiego del principio della serra è il migliore strumento che la Natura potesse escogitare per procurargli una discreta libertà di movimento anche a temperature relativamente basse.
GUSCI DI LUMACHE DELLA FAMIGLIA VITRINIDAE Le “piante davanzale” dell’Africa sud occidentale hanno invece sviluppato uno straordinario sistema di convogliamento, di permeabilità e di filtraggio della luce. La pianta è letteralmente seppellita nel terreno per proteggersi dal caldo, e le uniche sue parti che emergono dalla terra sono le sue “finestre” che, essendo trasparenti, riescono a raccogliere e convogliare la luce del sole all’interno della pianta. Osservando una sezione verticale ed esponendo anche solo una piccola parte della “finestra” ad una condizione limite d’illuminazione solare, ad esempio con una forte inclinazione laterale per ridurre al minimo l’incidenza del raggio luminoso, si rileverebbe in ogni caso la completa illuminazione di ogni parte dell’interno della pianta. Inoltre i meccanismi di “ottica diffusa” adottati da questa specie vegetale sono di gran lunga più raffinati, soprattutto nella loro capacità “intelligente” di autoregolarsi, dei principi di funzionamento dell’”ottica riproducente” tipici delle nostre apparecchiature artificiali. è un qualcosa di simile a ciò che Winston ha sperimentato nel suo collettore di luce solare, basato sulla “legge dell’ottica diffusa e non riproducente” tramite la quale si possono calcolare le forme e condizioni geometriche ottimali per ottenere la massima concentrazione della luce diffusa. Questo collettore noto come “collettore di Winston” (attualmente il più efficace collettore di luce diffusa) è in grado senza essere orientato alla luce solare di raccogliere dalle radiazioni un ottimale grado di luce diffusa, ma con un rendimento che si è dimostrato essere ancora al di sotto di quello ottenuto dalla straordinaria “pianta-finestra”, sebbene abbiano la forma simile. è poi importante evidenziare che, essendo l’intera pianta interrata, con l’eccezione della “finestra”, anche la compensazione termica con il terreno gioca un ruolo estremamente importante per il mantenimento dello stato di equilibrio in un clima caldo-tropicale. In ogni caso è estremamente interessante notare come l’artificio umano, senza essere a conoscenza dell’esperienza millenaria condotta in Natura, abbia più o meno tentato istintivamente di rivisitarne e riapplicarne i principi di base.
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